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Musicista

Vladimir Horowitz

Vladimir Horowitz

nato 1903 a Kiew, Ucraina

morto il 5.11.1989 a New York City, Stati Uniti d'America

Vladimir Horowitz

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Vladimir Samojlovič Horovic, anglicizzato in Vladimir Horowitz (in ucraino Володимир Самійлович Горовиць; in russo Владимир Самойлович Горовиц; Kiev, 1º ottobre 1903 – New York, 5 novembre 1989) è stato un pianista e compositore statunitense di origine ebraico-ucraina.

Biografia

Nonostante Horowitz affermasse di essere nato a Kiev in Ucraina, alcune fonti identificano il luogo di nascita con Berdyčiv. Un suo cugino, Natasha Saitzoff, nel 1991 intervenne nel dibattito, affermando che tutti e quattro i fratelli Horowitz erano nati a Kiev. Interpellata in merito, tuttavia, anche la moglie di Horowitz, Wanda Toscanini, riteneva possibile la nascita a Berdyčiv. Questa ipotesi è avvalorata anche da documenti rabbinici. Non molto tempo fa è stato tuttavia trovato il certificato di nascita, che attesta la sua venuta al mondo a Kiev.[1]

Nacque il primo ottobre del 1903 da una famiglia ebraica. La sua data di nascita fu però ufficialmente il 1904 sino al 1987, quando lo stesso pianista confessò al suo biografo che nel 1925 aveva dovuto ringiovanirsi di un anno (falsificando l'atto di nascita) per rinviare l'imminente servizio militare e potersi così recare a Berlino per una tournée e per studiare con Schnabel[2].

Fin da piccolo mostrò precocissime doti musicali, imparando le prime nozioni pianistiche dalla madre Sophie, e avendo tra i suoi maestri Blumenfeld. Dopo il suo ingresso in conservatorio, suonò, all'età di 11 anni, per Alexander Scriabin, e si diplomò a 16 anni suonando il terzo concerto di Sergej Rachmaninov. Lo stesso Horowitz amava raccontare che i membri della commissione, di solito compassati ed estremamente severi, si alzarono in piedi per rendergli omaggio alla fine dell'esame[3]. Nel 1920 suonò il primo concerto nell'Ivan Franko Gosudartsvennoj Akademicjeskij Ukrainskij Teatr di Kiev. Questo fu l'inizio di una carriera eccezionale, che lo portò a suonare nelle più prestigiose sale del mondo, quali la Carnegie Hall, La Scala e il Musikverein, con i migliori direttori d'orchestra (tra cui Toscanini, Ormándy-Blau e Mehta).

Il 1928 fu l'anno del suo debutto a New York con il primo concerto di Pëtr Il'ič Čajkovskij, sotto la bacchetta di Thomas Beecham. Il concerto suscitò una straordinaria impressione ed è forse l'episodio che, più di tutti, contribuì a far nascere la leggenda-Horowitz. A quanto pare, Beecham volle dirigere senza lo spartito davanti, anche se non lo conosceva così bene da poterselo permettere; inoltre, per mettere meglio in luce le proprie capacità, impose al solista tempi estremamente lenti. Horowitz, nel corso dell'esecuzione, si rese conto che il concerto sarebbe stato un fiasco e che ciò avrebbe potuto compromettere la sua carriera. Decise allora di staccare, nel terzo movimento, un tempo eccezionalmente mosso, in modo da fare emergere le sue doti tecniche (in particolar modo le famose ottave). Il successo finale fu clamoroso, anche se Rachmaninov, che sedeva fra il pubblico, successivamente inviò ad Horowitz una lettera in cui lo rimproverava di aver ceduto alla tentazione dell'esibizionismo[4]. Ciò tuttavia non compromise i rapporti fra i due musicisti, anzi: Horowitz andò a far visita a Rachmaninov, i due suonarono assieme e strinsero un'amicizia che durò fino alla morte di quest'ultimo (1943).

Nell'ottobre del 1932 Horowitz, che era ormai uno dei musicisti classici più famosi e meglio pagati del mondo, eseguì alla Carnegie Hall di New York il concerto "Imperatore" di Beethoven sotto la direzione di Toscanini. Questo evento segnò l'inizio di una stretta collaborazione tra i due musicisti. Nel 1933 Horowitz sposò la figlia di Toscanini, Wanda. Nel 1936 il pianista, convinto di essere malato di appendicite, si fece operare. L'intervento chirurgico non ebbe successo e provocò l'insorgere di una flebite, che costrinse il musicista ad interrompere l'attività concertistica per tre anni[5].

Una seconda interruzione si verificò nel 1953. Horowitz, alle prese con gravi problemi di natura fisica e psicologica, insoddisfatto delle sue scelte artistiche e preso di mira da parte della critica, si ritirò dalle scene, stavolta per ben dodici anni. Durante questo periodo si dedicò allo studio e all'insegnamento e registrò diversi dischi. Il ritorno all'attività concertistica avvenne il 9 maggio 1965, alla Carnegie Hall. Horowitz ottenne un successo straordinario e gran parte della critica giudicò più mature le sue interpretazioni, anche se la registrazione del concerto dimostra che la tenuta tecnica del pianista non era più quella di un tempo[6].

A partire dalla metà degli anni settanta Horowitz attraversò un periodo di declino fisico e artistico, dovuto all'abuso di psicofarmaci. Le sue esecuzioni, precedentemente caratterizzate da una ferrea tenuta ritmica, si fecero via via meno precise, più manierate e sconnesse, focalizzate più sul singolo particolare che sulla tenuta dell'insieme. La crisi raggiunse il suo acme durante la tournée del 1983, che prevedeva i primi concerti di Horowitz in Giappone. Proprio in occasione di queste esibizioni il pianista, salito sul palcoscenico in condizioni di semitorpore e confusione mentale, toccò il punto più basso della sua carriera[7].

Nel 1985, dopo due anni di riposo, nuovamente in salute e rinato artisticamente, Horowitz dimostrò di aver recuperato il proprio talento. La sua prima apparizione post-ritiro non fu sul palco, ma nel documentario Vladimir Horowitz: the Last Romantic. Gli ultimi anni della sua vita furono caratterizzati da un'intensa attività concertistica e discografica, sempre accompagnata da un notevole successo di pubblico. Molti critici, come Harold Charles Schonberg e Richard Dyer, sostennero che l'attività successiva al 1985 fosse stata senz'altro superiore a quella delle stagioni precedenti, e forse la migliore della sua intera carriera. Fra i concerti tenuti nel 1985, si ricordano quelli dati al Teatro alla Scala di Milano.

Nel 1986 Horowitz tornò nell'Unione Sovietica, esibendosi a Mosca e a Leningrado. Nel nuovo clima di dialogo e distensione tra URSS e USA, questi concerti furono visti come eventi ricchi di significato politico. Dal concerto di Mosca, in onda in diretta internazionale, fu ricavato un compact disc intitolato Horowitz in Moscow, che raggiunse l'apice delle classifica Billboard riservata alla musica classica per oltre un anno ( il filmato di questo eccezionale evento è oggi disponibile in DVD ). Nacque una polemica: molti biglietti furono riservati all'élite sovietica e solo pochi studenti di musica poterono assistere al concerto; per questo, verso la fine della seconda traccia si può distinguere il tentativo degli studenti di disturbare l'evento. In seguito il pianista tornò in Giappone e riscattò la disastrosa tournée del 1983 con alcuni straordinari concerti[8].

Nello stesso anno ricevette la Presidential Medal of Freedom, la più alta onorificenza statunitense conferita ai civili, dal presidente Ronald Reagan. La sua ultima tournée si svolse in Europa (primavera del 1987. Dal concerto tenuto al Musikverein fu tratto il filmato Horowitz in Vienna, rilasciato nel 1991). Tenne l'ultimo concerto ad Amburgo il 21 giugno 1987, ma continuò a registrare sino alla morte, avvenuta il 5 novembre 1989 per un infarto. Fu tumulato nella tomba dei Toscanini nel Cimitero Monumentale di Milano.

Il repertorio e lo stile pianistico

Il repertorio solistico di Horowitz era ampio ma assai frammentario: a differenza dei pianisti di oggi, egli non amava e non considerava particolarmente importante suonare "le integrali" e preferiva estrarre dalle raccolte i brani che più gli interessavano. Esso era basato sulla triade dei grandi compositori romantici (Chopin, Liszt e Schumann), autori dei quali è riconosciuto fra i più grandi interpreti. Tuttavia, nel suo repertorio trovavano spazio musicisti di ogni epoca, dal Barocco (Domenico Scarlatti) alla Prima scuola di Vienna (Mozart, Haydn, Beethoven) sino ai tardoromantici, simbolisti e moderni russi (Rachmaninov, Scriabin, Prokofiev). Horowitz ha il merito di aver fatto conoscere al vasto pubblico le opere di compositori poco conosciuti o sottovalutati, come Skrjabin, Muzio Clementi, Kabalevskij, Samuel Barber e altri ancora, nonché di aver eseguito opere importanti ma alla sua epoca di raro ascolto, come gli Studi di Debussy e le Sonate di Prokofiev. Contrariamente a quello solistico, il repertorio per pianoforte e orchestra era alquanto limitato; rarissimo nel lascito discografico del pianista, in quanto praticato quasi solo nei primi anni di carriera, il repertorio cameristico[9].

Horowitz è ritenuto da tutti critici uno dei più grandi virtuosi del pianoforte che siano mai esistiti. La sua tecnica era e rimane inimitabile, in quanto frutto di un controllo assoluto e di un rapporto organico con lo strumento, non solo per la capacità di esprimere una stupefacente combinazione di potenza, leggerezza e agilità, ma soprattutto per la caleidoscopica varietà timbrica di cui egli era capace persino nei passi più rischiosi. Alcune raffinatezze tecniche in ambito pianistico come le ottave ripetute, i trilli col quarto e quinto dito e i tremoli hanno trovato in Horowitz una delle massime espressioni. L'utilizzo del pedale di risonanza poteva essere di volta in volta molto abbondante oppure ridottissimo, in modo da mettere in luce la perfezione dell'articolazione e le minime sfumature dinamiche, di fraseggio e di tocco. Tale apparato tecnico veniva talvolta utilizzato da Horowitz per dare vita ad esecuzioni frenetiche, dionisiache, caratterizzate da una direzionalità ritmica implacabile e dal più totale, elettrizzante sprezzo del pericolo. Tuttavia, era raro che l'esibizionismo più frivolo finisse col prevalere: alla tecnica si accompagnava un raro istinto musicale, che permetteva al pianista di cogliere e mettere in luce il lato emotivo delle composizioni affrontate con indiscutibile potenza espressiva. Horowitz credeva fermamente nell'unicità dell'atto creativo, e questo lo spingeva ad offrire sempre nuove interpretazioni delle pagine pianistiche favorite, dalle quali emergevano sempre nuovi particolari. Nella seconda metà degli anni ottanta il modo di suonare di Horowitz cambiò notevolmente. Non essendo più capace, se non per brevi tratti, del travolgente virtuosismo giovanile, il pianista maturò uno stile rilassato, in cui l'urgenza drammatica lasciava posto a sonorità crepuscolari e atmosfere sognanti. In questo periodo, Horowitz suonò e registrò diverse composizioni di Mozart, che riteneva il più grande di tutti i compositori[10]. Non sempre lo stile di Horowitz ha incontrato il favore della critica. Specialmente negli anni quaranta, una parte di essa, capitanata da Virgil Thomson, si schierò apertamente contro di lui, accusandolo di essere nevrotico, di esagerare e di deformare la musica suonata[11]. Altri critici, come Harold Schonberg, Neville Cardus e Karl Schumann, presero invece posizione a suo favore. Uno dei motivi per cui Horowitz veniva contestato era la sua abitudine di intervenire spesso sul testo: a volte si trattava di cambiamenti minimi, ma altre volte gli interventi erano vere e proprie opere di riscrittura, sino a giungere (come nel caso dei Quadri da un'esposizione di Musorgskij) alla creazione di pagine di cui Horowitz diventava a tutti gli effetti il coautore. Il problema della fedeltà allo spartito e dell'intangibilità dello stesso è tutt'oggi molto dibattuto, e fra i musicologi si riscontrano opinioni contrastanti[12].

Allievi

A partire dal 1944 Horowitz cominciò a lavorare con un gruppo selezionato di giovani pianisti. Il primo fu Byron Janis, che studiò con lui sino al 1948; Janis descriveva il suo rapporto con Horowitz come quello tra padre e figlio, e spesso seguiva lui e la moglie durante le tournée. Nel corso del suo secondo ritiro, seguì diversi altri allievi, quali Gary Graffman (1953–1955), Coleman Blumfield (1956–1958), Ronald Turini (1957–1963), Alexander Fiorillo (1950–1962) e Ivan Davis (1961–1962). Dopo una pausa, tornò ad insegnare negli anni '80, lavorando con Murray Perahia (che già era un pianista affermato) e Eduardus Halim. Horowitz si preoccupava che gli studenti non diventassero (o non fossero considerati) sue fotocopie, sicché non pubblicizzava mai le lezioni e ripeteva a ciascuno di loro "Non ti sto insegnando. Sto dandoti dei consigli". Verso la fine della sua carriera, il pianista ammise tra i suoi allievi solo Janis, Graffman e Turini.

Vita privata

Nel 1933 Horowitz sposò con rito civile Wanda Toscanini, figlia di Arturo. Non furono un problema le differenze religiose (l'uno ebreo, l'altra cattolica), in quanto nessuno dei due era osservante. Se Vladimir parlava appena l'italiano, Wanda non conosceva assolutamente il russo; sicché comunicavano tra loro in francese. Ebbero una sola figlia, Sophie Horowitz, detta Sonia[13] (1934–1975), morta prematuramente per un'overdose e tumulata nella tomba dei Toscanini: non è chiaro se si trattasse di un incidente o di un suicidio[14].

Nonostante il matrimonio, persistenti dicerie sostenevano che fosse omosessuale[15]. Rubinstein diceva di Horowitz: "Tutti sapevano e accettavano che lui fosse omosessuale..."[16]. Durante il periodo passato con Horowitz, David Dubal scrisse che l'ormai ottantenne pianista non sembrava più avere un'attività sessuale, ma "non c'era alcun dubbio che fosse fortemente attratto dal corpo maschile, e molto probabilmente questo gli provocò una frustrazione nel corso della sua vita"[17]. Dubal osservava inoltre che Horowitz esprimeva una forte sessualità istintiva proprio attraverso il pianoforte[18]. Horowitz, che negava di essere gay[19], un giorno scherzò: "Ci sono tre tipi di pianisti: i pianisti ebrei, i pianisti omosessuali e i cattivi pianisti"[20].

Negli anni quaranta, Horowitz avrebbe cominciato a farsi visitare da uno psichiatra con il tentativo di cambiare il proprio orientamento sessuale[21]. Negli anni sessanta e, ancora, negli anni settanta, si sottopose alla terapia elettroconvulsivante per guarire dalla depressione[22]. A partire dal 1982, a Horowitz vengono prescritti antidepressivi, mentre vi sono rapporti medici che attestano l'abuso di alcol[14]. Di conseguenza, la sua attività pianistica dimostrò da questo momento un declino percettibile[14]. Le sue performance negli Stati Uniti d'America e in Giappone nel 1983 furono segnate da lapsus e perdite del controllo fisico (un critico giapponese paragonò Horowitz a "un prezioso e antico vaso che si era rotto"). In effetti non suonò più in pubblico nei due anni successivi.

Negli anni '40, suo padre Samuel Horowitz (1871—1940) e il fratello Gregory Horowitz (1901—1946) morirono nei campi di concentramento russi. Sua sorella, la pianista Regina Horowitz (1900-1984), visse in Ucraina, era solista e accompagnatore presso la Filarmonica di Kiev e Charkiv, era anche docente al Conservatorio di Charkiv e insegnava alla Scuola di Musica per bambini dotati.

CD parziale

  • Beethoven: Piano Sonatas Nos. 8, 14, 21 & 23 - Vladimir Horowitz, 1964 CBS/BMG/Sony
  • Mozart, Conc. pf. n. 23/Son. pf. n. 13 - Horowitz/Giulini/La Scala, 1987 Deutsche Grammophon - Miglior interpretazione solista di musica classica con orchestra (Grammy) 1989
  • Mozart, Son. pf. n. 3, 10, 13 - Horowitz, Deutsche Grammophon
  • Mussorgsky, Quadri da un'esposizione - Horowitz, 1951 RCA Victor Red Seal - Grammy Hall of Fame Award 1999
  • Schumann, Kinderszenen/Kreisleriana - Horowitz, Deutsche Grammophon
  • Tchaikovsky, Piano Concerto No. 1 - Horowitz/NBC Symphony Orchestra/Arturo Toscanini - 1941 (live alla Carnegie Hall) Naxos Historical - Grammy Hall of Fame Award 1998
  • Horowitz, Last romantic - Busoni/Mozart/Chopin, 1985 Deutsche Grammophon
  • Horowitz, The complete recordings on DG - Registrazioni complete DG, 1985/1988 Deutsche Grammophon
  • Columbia Records Presents Vladimir Horowitz - Grammy Award for Best Instrumental Soloist Performance (without orchestra) e Grammy Award al miglior album di musica classica 1963
  • The Sound of Horowitz - Columbia - Grammy Award for Best Instrumental Soloist Performance (without orchestra) 1964
  • Beethoven/Debussy/Chopin, Vladimir Horowitz - Columbia - Grammy Award for Best Instrumental Soloist Performance (without orchestra) 1965
  • Horowitz At Carnegie Hall (An Historic Return), 1965 Columbia - Grammy Award for Best Instrumental Soloist Performance (without orchestra) e Grammy Award al miglior album di musica classica 1966 e Grammy Hall of Fame Award 2002
  • Horowitz Plays Rachmaninoff, Etudes - Grammy Award for Best Instrumental Soloist Performance (without orchestra) e Grammy Award al miglior album di musica classica 1972
  • Horowitz Plays Chopin, Columbia/RCA/CBS/BMG/Sony - Grammy Award for Best Instrumental Soloist Performance (without orchestra) 1973
  • Vladimir Horowitz plays Scriabin - RCA - Grammy Award for Best Instrumental Soloist Performance (without orchestra) 1974
  • Concert of the Century - Stern/Bernstein/Rostropovich/New York Philharmonic/Oratorio Society of New York/Horowitz/Menuhin, 1976 SONY BMG - Grammy Award al miglior album di musica classica 1978
  • Rachmaninoff, Concerto n. 3 - Horowitz/New York Philharmonic/Ormandy - Golden Jubilee Concert 1978 - RCA- Miglior interpretazione solista di musica classica con orchestra (Grammy) 1979
  • Horowitz: The Studio Recordings, New York 1985, Deutsche Grammophon - Grammy Award al miglior album di musica classica e Grammy Award for Best Classical Performance – Instrumental Soloist or Soloists (with or without orchestra) 1987
  • Horowitz, Horowitz a Mosca - Scarlatti/Mozart/Rachmaninov, 1986 Deutsche Grammophon - Grammy Award for Best Instrumental Soloist Performance (without orchestra) e Grammy Award al miglior album di musica classica 1988
  • Horowitz, The Last Recording - 1990 SONY BMG - Grammy Award for Best Instrumental Soloist Performance (without orchestra) 1991
  • Horowitz, Discovered Treasures (D. Scarlatti, J.S. Bach, Clementi, Chopin, Medtner, ecc..) - 1992 Sony - Grammy Award for Best Instrumental Soloist Performance (without orchestra) 1993
  • Horowitz, Return to Chicago (Live, Orchestra Hall, 26/10/1986) - Contiene 2 interviste, 2015 Deutsche Grammophon
  • Horowitz In Hamburg - The Last Concert - Vladimir Horowitz, 1987 Deutsche Grammophon

Onorificenze

Medaglia Presidenziale della Libertà
— 1986

Note

  1. ^ A. Alberti - Vladimir Horowitz, p. 35-36
  2. ^ P. Rattalino - Horowitz: il mattatore, p. 9
  3. ^ A. Schonberg - Horowitz, p. 52
  4. ^ A. Alberti, cit., p. 67-71
  5. ^ A. Schonberg, cit., pp. 145-146
  6. ^ A. Schonberg, cit., pp. 172-173 e 215-216
  7. ^ A. Schonberg, cit., pp. 260-265
  8. ^ A. Schonberg, cit., pp. 266-282
  9. ^ P. Rattalino - Vladimir Horowitz, Il mattatore, pp. 14-22 e 32-38
  10. ^ A. Schonberg, cit., pp. 269 e 291
  11. ^ A. Alberti, cit., pp. 111-112
  12. ^ P. Rattalino, cit., pp. 17-18; H. Schonberg, cit., pp. 346-349; A. Alberti, cit., pp. 221-226
  13. ^ Nell'app ufficiale di ricerca defunti del Comune di Milano "Not 2 4get" la defunta risulta inequivocabilmente chiamarsi "Horowitz Sophie", con lo stesso nome della madre del pianista; da qui si deduce che il nome Sonia, con il quale è nota, sia un soprannome.
  14. ^ a b c Schonberg, 1992
  15. ^ Plaskin, 1983, pp. 52, 56, 353, 338–7.
  16. ^ Plaskin, 1983, p. 162
  17. ^ Dubal, 1991, p. 16: "During the years I knew him, there were no signs of any sex life and very little talk on the subject. I personally doubt that he was capable of loving a man emotionally, but there was no doubt he was powerfully attracted to the male body and was most likely often sexually frustrated throughout his life".
  18. ^ Dubal, 1991, pp. 16–17.
  19. ^ Dubal, 1991, p. 251.
  20. ^ The Great White (Jewish, Gay) Way, su forward.com..
  21. ^ Plaskin, Glenn (1983). Biography of Vladimir Horowitz Quill ISBN 0-688-02656-7 Page 215: "In December 1940, Horowitz had begun psychoanalysis with an eminent psychiatrist, Dr. Lawrence Kubie, a strict Freudian who was attempting to exorcise the homosexual element from Horowitz".
  22. ^ Plaskin, Glenn (1983). Biography of Vladimir Horowitz Quill ISBN 0-688-02656-7 Pages 338, 387, 389.

Bibliografia

  • Piero Rattalino, Vladimir Horowitz. Il Mattatore, coll. Grandi Pianisti 1, 2005, Zecchini Editore, pagg. 160, con discografia e videografia a cura di Stefano Biosa - ISBN 88-87203-33-4

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